La differenza fra smart working e telelavoro

In questi ultimi anni la pandemia ha portato dei grandi cambiamenti in molteplici campi; tra questi, uno dei più rilevanti è avvenuto nell’ambito lavorativo, stravolgendo le modalità di lavoro precedenti. Questo ha fatto sorgere tanti dubbi su quali fossero, e quali siano tuttora, le modalità più appropriate da adottare per il proseguimento delle attività.


A causa della necessità di lavorare a casa per limitare il più possibile gli spostamenti, è stata adottata dalle aziende un’innovativa modalità di lavoro a distanza, che è stata gradualmente applicata da molte di queste in maniera definitiva, grazie anche ai vantaggi che ne derivano.

L’emergenza della pandemia ha infatti accelerato notevolmente il processo di digitalizzazione delle aziende. 

Precedentemente il lavoro da remoto era già stato introdotto da alcune grandi aziende al di fuori dei confini italiani, dove si sta diffondendo in questi ultimi anni.

È bene però non confondere il concetto di telelavoro con lo smart working. Per quanto i due approcci prevedano l’utilizzo di strumenti simili, sono in realtà differenti sia sul piano teorico che nella normativa che li regola. 

Lo smart working 


La modalità di lavoro in smart working, è stata così definita dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali: "Il lavoro agile (o smart working) è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall’assenza di vincoli orari o spaziali e un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro; una modalità che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività.”

La legge sottolinea la necessità che l’azienda garantisca la maggiore flessibilità organizzativa possibile, sempre nel rispetto degli accordi tra l’azienda stessa e i propri dipendenti. Questo ha come obiettivo porre il lavoratore nelle migliori condizioni per lo svolgimento delle proprie attività lavorative.

Lo smart working, letteralmente tradotto in “lavoro intelligente”, si può definire come una modalità di lavoro esente da vincoli spaziali o temporali, caratterizzata da un’organizzazione e svolgimento delle attività lavorative finalizzate al raggiungimento degli obiettivi. Questi ultimi vengono stabiliti dall’azienda, nel caso di obiettivi strategici, e dal manager in accordo con il collaboratore. 

La modalità in smart working può aiutare il dipendente a conciliare lavoro e vita privata, e, allo stesso tempo, favorisce un aumento della produttività, la quale giova all’azienda. 

Tale modalità di lavoro si basa su quattro pilastri: lo spazio, il tempo, la tecnologia e le persone. Lavorare in smart significa non essere più limitati ai confini dell’ufficio, ma poter lavorare in qualsiasi ambiente ritenuto confortevole e adeguato, attraverso processi automatizzati e per obiettivi specifici e con strumenti tecnologici che rendono più efficiente la collaborazione tra i dipendenti. Infine, questa modalità pone le persone al centro, grazie alla flessibilità del lavoro, al rapporto di fiducia che si instaura tra azienda e collaboratori e alla responsabilità verso le attività da portare a termine. 

Il telelavoro

Nonostante si siano diffuse solo negli ultimi vent’anni le tecnologie digitali e la connettività tali da poter permettere concretamente la diffusione del lavoro da remoto, quest’idea nasce già negli anni ‘70 con la diffusione dei primi PC, i quali fecero ipotizzare la possibilità di svolgere delle attività in casa propria senza la necessità di recarsi in ufficio.

Per telelavoro oggi si intende una prestazione di lavoro effettuata regolarmente fuori dalla sede lavorativa, in qualsiasi luogo che sia idoneo, e con il supporto di tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

Secondo la legge n.191 del 16/06/1998, le Pubbliche amministrazioni possono valutare l’applicazione di forme di lavoro a distanza, autorizzando i dipendenti a svolgere il proprio lavoro in un luogo differente dalla sede abituale, utilizzando gli strumenti informatici necessari e usufruendo del medesimo salario. Questa modalità è stata successivamente regolamentata con il Decreto n.70. del 08/03/1999, nel quale sono state fornite una serie di definizioni del telelavoro. 

L’accordo interconfederale del 2004 ha esteso il telelavoro anche al settore privato, nel quale viene definito come una forma di organizzazione e/o di svolgimento del lavoro che si avvale delle tecnologie dell’informazione nell’ambito di un contratto o di un rapporto di lavoro in cui l’attività lavorativa, che potrebbe anche essere svolta nei locali dell’impresa, viene regolarmente svolta al di fuori dei locali della stessa”.

Il telelavoro è dunque una modalità che comporta, come lo smart working, l’utilizzo di strumenti informatici per lo svolgimento delle proprie attività anche al di fuori della sede lavorativa, con una certa autonomia nell’organizzazione del lavoro, sempre nel rispetto però degli orari di esecuzione stabiliti dall’azienda.

Quali sono le differenze tra Smart Working e Telelavoro?

Lo smart working viene spesso tradotto in Italia anche come lavoro agile, in virtù dell’agilità lavorativa e decisionale sulla quale si fonda.

Spesso invece i termini lavoro agile e telelavoro vengono utilizzati come sinonimi l’uno dell’altro, anche se in realtà sono due concetti distinti. Non è immediato comprendere le differenze che intercorrono tra queste due modalità, ecco perché è necessario fare chiarezza.

Le normative che regolamentano lo smart working sono sicuramente più recenti di quelle relative al telelavoro, le quali risalgono al 1999.

La legge n.81 del 22/05/2017 sul Lavoro agile definisce lo smart working, come sopraccitato, e norma diritti e doveri sia del lavoratore sia dell’azienda. 

Diversa è la definizione del telelavoro, nella quale viene precisato il vincolo degli orari aziendali o della pubblica amministrazione. Mentre lo smart worker può avvalersi di una maggiore libertà organizzativa. 

Le caratteristiche che accomunano queste due modalità possiamo ritrovarle nella sicurezza del lavoratore, di cui è responsabile il datore di lavoro in entrambi i casi; nel trattamento economico, pari a quello dei dipendenti che svolgono la loro mansione nella sede dell’azienda; nello svolgimento del lavoro al di fuori della sede; nella misurazione delle performance, monitorate dal datore di lavoro in entrambi i casi; negli strumenti utilizzati per lo svolgimento delle attività e nella volontarietà di entrambe le parti per la sottoscrizione del contratto.

In cosa differiscono allora telelavoro e smart working?

Prima di tutto, chi svolge le proprie attività tramite telelavoro deve avere una postazione fissa al di fuori della sede aziendale, a differenza dello smart worker che può lavorare in qualsiasi luogo idoneo, anche al di fuori dei confini nazionali, a seconda delle normative contrattuali. La postazione prevista dal telelavoro inoltre, deve essere predisposta in uno spazio diverso da quelli dedicati ad attività domestiche e familiari. La workstation deve essere idonea ed è a carico del datore di lavoro, il quale, talvolta, è responsabile anche delle spese relative ai consumi energetici.

Gli orari dello smart working sono molto flessibili, mentre quelli stabiliti dal telelavoro sono più rigidi perché rispettano gli orari relativi al lavoro in sede d’azienda.

L’organizzazione del lavoro nella modalità in smart working è quasi totalmente autonoma, poiché lo svolgimento delle attività avviene per obiettivi e progetti concordati tra datore di lavoro e dipendente. Nel telelavoro invece il dipendente deve rispondere alle direttive dell’azienda.

Conclusioni 


È molto importante per le aziende e gli imprenditori conoscere appieno la differenza tra i concetti di telelavoro e smart working, anche e soprattutto a causa delle variazioni che ne derivano a livello contrattuale. 


Si potrebbe dire che lo smart working sia un’evoluzione del telelavoro, applicato dalle aziende prima della comparsa dello stesso. La modalità in smart working non implica solamente un modo di lavorare a distanza, fuori dalla sede aziendale, ma abbraccia una trasformazione sia organizzativa sia culturale dell’azienda, portando un modo di lavorare innovativo e più adatto alle esigenze dei dipendenti. 


Inoltre, un punto di forza di entrambe le modalità è dato dalla riduzione degli spostamenti e, di conseguenza, dell’inquinamento ambientale.


Entrambi portano diversi vantaggi alle aziende che decidono di adottare una o l’altra modalità per i propri dipendenti, in base alle caratteristiche più appropriate all’organizzazione e agli obiettivi dell’azienda stessa. 



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